I personaggi della Bonadies/4: Alberto, il preparatore di campioni

Duro come il marmo ma buono come il pane.

Pragmatico ai limiti del cinismo eppure capace di commuoversi per una vecchietta che fatica ad attraversare la strada. Così particolare nella sua sensibilità da preferire sovente nasconderla vestendo i panni del dissacratore. Insomma, un po’ Nietzsche e un po’ Gandhi, se vogliamo buttarla sui parallelismi arditi. Ecco, è all’interno di un labirinto emotivo di questo tipo (e delle sue molteplici sfaccettature, solo in apparenza contraddittorie tra di loro) che bisogna orientarsi se si vuole provare a tracciare un ritratto adeguato di Alberto Carpino, il protagonista della quarta puntata del nostro viaggio fra le figure-simbolo della Bonadies.

Una definizione, questa, che in realtà suona quasi riduttiva per il personaggio in questione che, prima di diventare un punto di riferimento essenziale per la Libertas Rivoli (della quale è fra l’altro vicepresidente), ha nel tempo ricoperto tutta una serie di ruoli-cardine nel panorama sportivo e sempre ad alto livello: atleta (è arrivato in Nazionale sia nella canoa sia nello sci nautico), allenatore, dirigente (è stato fra l’altro presidente del comitato piemontese della Federnuoto), gestore di impianti e preparatore atletico. Quest’ultimo, di ruolo, è l’anello di congiunzione tra il Carpino che è stato e il Carpino che sarà perché il buon Alberto, passata agilmente la sessantina, ha accettato di rispolverare dal cassetto dei talenti personali, anche per il mondo delle piscine, proprio quel ruolo che, nel corso della sua lunga carriera, gli ha probabilmente dato le maggiori soddisfazioni: quello di preparatore atletico, appunto.

Certo, ne è passata di acqua sotto i ponti da quando lo faceva alla Libertas Sa-Fa, all’epoca squadra-regina del nuoto italiano, e con lui in palestra faticavano talenti come Emanuela Viola, convocata nel 1988, appena sedicenne, alle Olimpiadi di Seul, oppure Ilaria Sciorelli, partecipante nel 1992 a quelle di Barcellona e l’anno prima ai Mondiali di Perth, ma certe conoscenze e attitudini non si perdono. Così, nel momento che Enrica Lanza e Fulvio Martinetti, rispettivamente presidente-faro e dirigente-factotum della Libertas Rivoli, hanno estratto dal loro inesauribile cilindro di idee quella di affidargli la preparazione atletica della squadra di nuoto per salvamento, Carpino non ha saputo e voluto dire di no. Curioso di vedere dove questa ennesima avventura lo porterà, magari anche un tantino emozionato (ma non provate a dirglielo, perché il Nietzsche che c’è in lui potrebbe ruggire…) e comunque sicuramente stimolato dalla nuova scommessa. Con lui, del resto, nulla è scontato e tanto meno banale. Interviste comprese. Così, più che un dialogo o un botta e risposta, quel che ne scaturisce è un concentrato di parole, schiette e dirette. Dietro e dentro le quali, le emozioni ci sono eccome. Ma devi essere tu a scovarle, perché adeguatamente protette dalla coperta di rigidità in cui Alberto ama avvolgersi.

“Non si tratta d’un rimettermi in gioco. Sinceramente, io me ne stavo bene e tranquillo nel mio brodo, quel che dovevo fare nel campo della preparazione atletica applicata al nuoto l’avevo già abbondantemente fatto. Ma amicizia e gratitudine sono per me da sempre valori essenziali per cui, di fronte alla richiesta di Enrica e Fulvio, che per me è stata un appello sentimentale, non ho avuto bisogno nemmeno di pensarci più di tanto. Non mi preoccupa il tempo passato da quando facevo questa attività a ritmo serrato, piuttosto andrà verificata la differenza tra seguire atleti di vertice, come accaduto in passato, e curare la preparazione di giovani la cui maturazione tecnicofisica deve ancora in larga parte avvenire. Ma le basi restano chiaramente le stesse, quindi si potrà comunque fare un ottimo lavoro. Oltretutto, nella preparazione atletica come in tutti i campi della vita, non s’inventa nulla dall’oggi al domani. Si potrebbe anzi dire che in questo campo si sta ultimamente tornando abbastanza al passato, nel senso migliore del termine, visto che è fortunatamente tramontata l’epoca in cui si tendeva ad affidarsi quasi esclusivamente a tabelle matematiche per non dire scientifiche. Si sta insomma riscoprendo l’importanza di valutare gli atleti non in funzione di numeri e concetti aprioristici validi un po’ per tutti ma sulla base delle singole peculiarità e dell’espressione quotidiana della loro potenzialità. Tu ad esempio puoi aver programmato per quel giorno un lavoro di velocità, ma dopo pochi secondi ti accorgi che l’atleta non è in quel momento in grado di sostenerlo e lì subentra la tua capacità di rivedere il piano d’allenamento in corso d’opera. Per il resto, c’è poco spazio per la fantasia: servono impegno, fiducia e disciplina. Soprattutto il primo: chi si impegna al massimo e raggiunge il 100% delle sue potenzialità, per me ha vinto comunque”.

Così parlò Alberto, il prepara-campioni. E a giudicare dai risultati che ha ottenuto, vale la pena credergli!